VIE DEL GUSTO – Come si fa l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena D.O.P.
VIE DEL GUSTO · 28 novembre 2014
Pensavo che il luogo di invecchiamento dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena fosse una soffitta buia, impolverata e con ragnatele dove venivano dimenticate per anni e anni le botti contenenti vino che poi si sarebbe trasformato in aceto. E invece no.
L’Acetaia è viva più che mai ed ha costantemente bisogno della mano dell’uomo. Giorno dopo giorno, anno dopo anno, vita dopo vita. Si, perché si parla di procedure, lavorazioni, fatiche e soddisfazioni che vengono tramandate da padre in figlio a nipote e così via.
Il vero punto fermo di questa antica catena, è la passione per questo prodotto e i ricordi di un passato che in esso sono conservati.
Grazie al gentile invito da parte dei titolari dell’Acetaia del Cristo mi sono recata a San Prospero, nel modenese. Verde e solare cittadina, fatta di gente cordiale e alla mano. Gente emiliana…
Non sapevo cosa aspettarmi da questa visita; io l’aceto l’avevo sempre visto sugli scaffali dei supermercati. Il bianco, il rosso e anche l’Aceto Balsamico di Modena nelle belle confezioni. Quello che costava di più e quindi mi faceva pensare fosse la stessa cosa dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena D.O.P. Insomma, facevo un po’ di confusione.
Qui invece mi si è aperto un mondo tutto nuovo, ho capito la vera differenza tra l’Aceto Balsamico di Modena e l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena D.O.P.
CONOSCIAMO IL PRODOTTO
I lunghi e pazienti invecchiamenti e le caratteristiche trasmesse dai differenti legni delle botti, come la tradizione vuole, sono alla base del vero successo dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena: la sublimazione perfetta di profumi, aromi e sapori inimitabili.
Solo con l’assaggio è possibile percepire i sensazionali profumi e sapori che scaturiscono da piccolissime dosi di Aceto Balsamico: una composizione riuscita, una esplosione di particolarissime fragranze, un tripudio di intensità aromatiche differentemente accentuate.
Questi sono gli elementi basilari, imprescindibili per l’ottenimento del riconoscimento di qualità D.O.P. contraddistinto dal sigillo numerato apposto su ogni ampolla.
L’intera produzione per il mercato mondiale di Aceto Balsamico Tradizionale di Modena D.O.P. supera di poco il centinaio di ettolitri per anno.
Questa esigua resa, confrontata con i sempre crescenti milioni e milioni di ettolitri degli altri prodotti che si fregiano dell’aggettivo “Balsamico”, attesta sia la suprema qualità, sia la preziosità del prodotto oltre che l’onerosità del processo produttivo.
In tempi antichi, innumerevoli documenti testimoniano la considerazione per l’Aceto Balsamico Tradizionale allora chiamato “Aceto alla Modenese”.
Considerato come parte effettiva del patrimonio familiare, era inserito nei lasciti testamentari com’era altresì dote prestigiosa per le giovani spose di aristocratiche origini. Gelosamente conservato nei sottotetti e amorevolmente curato di generazione in generazione, era considerato una sorta di panacea dai principi medicamentosi in grado di curare tutti i mali.
COME SI PRODUCE
Contrariamente al resto dei “Balsamici” non si tratta di una ricetta “segreta” che unisce e amalgama diversi ingredienti bensì l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena D.O.P. si ottiene esclusivamente dal SOLO mosto cotto di uve autoctone modenesi (Ancellotta, Berzemino, Lambrusco, Occhio di gatta, Sauvignon, Trebbiano, Sgavetta, oltre che altre D.O.C. e D.O.C.G.), senza aggiunta di alcun altra sostanza.
La sua nascita avviene durante una lenta e sapiente evoluzione in grembo a gruppi di barili di grandezze diverse disposti in ordine decrescente.
Da secoli la tradizione esige che queste cosiddette “Batterie” siano amorevolmente accudite e collocate nei sottotetti delle abitazioni. La genesi e l’affinamento qui si avvicendano in eterno.
Dopo almeno 12 anni l’Aceto attinto dalle botti più piccole può fregiarsi del titolo di Aceto Balsamico “Tradizionale” di Modena o “Extra-vecchio” se il prelievo avviene oltre i 25 anni (sempre e solo secondo il rigoroso Disciplinare D.O.P.). L’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena è quindi sempre e solo prelevato dalla botticella più piccola e rappresenta il 3% dell’intera riserva.
Annualmente, al fine di ripristinare i livelli, la modesta quantità di prodotto prelevato viene sapientemente “rincalzata” (ossia rimpiazzata) mediante travaso attingendo, secondo un criterio ben definito, dalle botti più grandi verso le più piccole.
I naturali scambi climatici, dettati dal susseguirsi delle stagioni, favoriscono i naturali processi biologici di fermentazione alcolica, di ossidazione acetica e di lisi enzimatiche portando alla formazione della struttura e alla Balsamica complessità aromatica.
Lunghi e interminabili processi di maturazione, concentrazione e invecchiamento completano il pieno sviluppo in una perfetta e bilanciata armonia culminando nel carattere agro-dolce dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena D.O.P.
L’imbottigliamento finale verificato in qualità per ogni singolo lotto avviene sotto la severa supervisione di una apposita Commissione di assaggio. Il sigillo D.O.P. assegnato dal MIPAAF (Ministero Italiano delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali) e l’inconfondibile e caratteristica ampollina, unica per legge, appositamente disegnata da “Giugiaro design” e disponibile unicamente nel formato da 100 ml., garantiscono, oltre al pieno rispetto del Disciplinare D.O.P. nell’intera filiera produttiva, un elevato standard qualitativo dei parametri organolettici – valutato puntualmente, a totale garanzia del consumatore, per ogni partita di imbottigliamento.
Il giustamente rigoroso Disciplinare di produzione lascia però spazio al “carattere”: ogni Acetaia, anzi, ogni Batteria, è contraddistinta dal suo personalissimo Aceto!
La piccola etichetta applicata sull’ampollina si erge così a bandiera di quel conduttore dell’Acetaia che ha sapientemente interpretato ed integrato con gli elementi della natura che concorrono a realizzare l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena: il mosto d’uva (unico ingrediente), le botti di legno (i contenitori) ed i processi di fermentazione, maturazione ed invecchiamento (le naturali trasformazioni microbiologiche).
Testo e foto di Lorena, autrice del blog Briciole di Sapori
http://www.viedelgusto.it/come-si-fa-laceto-balsamico-di-modena-d-o-p