“…Per pubblica utilità tutte le persone che abbiano terreni entro i confini del distretto città … devono tenere e piantare 3 piante di fico, 3 di mori, 3 di mele granari e 3 di mandorle, custodirle e allevarle…” (Barbieri – Fonte Ambiente – Il Gelso a cura del prof. Mauro Calice Istituto Comprensivo 4 di Modena)
Una legge statutaria della Repubblica Modenese del 1327 ci racconta l’importanza della pianta di Gelso, sopra rinominato moro, nella provincia di Modena, testimonianza delle antiche produzioni locali legate a questa pianta. Infatti, in Pianura Padana, come in molte altre parti d’Italia, ancora oggi è possibile trovare piante di Gelso anche secolari, alberi che dal XIV secolo fino alla seconda Guerra Mondiale sono stati vero motore economico del nostro paese.
Rinominato anche ”Albero dalla chioma d’oro” per i suoi impieghi nella produzione della seta, il Morus Alba, ossia il Gelso Bianco, ha caratterizzato per secoli oltre al paesaggio agrario anche le attività produttive, portando nella nostra provincia i primi processi di industrializzazione.
A differenza del fratello nero, originario delle coste orientali del Mediterraneo e conosciuto anche con il nome di Gelso Moro, probabilmente per i suoi frutti, il gelso bianco è originario della Cina. La sua storia, da sempre collegata a quella dell’allevamento del baco da seta, deve la sua diffusione all’imperatrice cinese Si Ling Chi, che già nel 2.700 a.C. notò alcuni bruchi che mangiavano le foglie del gelso bianco, prima di tessere il loro bozzolo. Affascinata dalla lucentezza del filo prodotto, ideale per creare il velo di un’imperatrice, ordinò che questi bachi venissero allevati. Iniziò allora la produzione del baco da seta, e con esso del gelso bianco, unica pianta in grado, con le sue foglie, di nutrire questi esigenti bruchi. Quando in Europa, nel XV secolo, si scoprì il segreto della produzione della seta, venne introdotto sia il baco che il gelso bianco,che si diffusero rapidamente. Purtroppo agli inizi del ‘900, con l’introduzione delle fibre sintetiche, sicuramente più economiche, la bachicoltura perse di rilevanza economica e con essa anche la coltivazione del gelso bianco ebbe un inesorabile declino.
L’AFFINAMENTO DELL’ACETO BALSAMICO TRADIZIONALE IN BOTTI DI GELSO
Così da albero “da seta” per noi il Gelso è diventato l’albero di seta, grazie alle caratteristiche del suo legno: tenero e molto poroso, particolarmente adatto a contenere l’aceto, il legno di Gelso garantisce un elevato scambio di ossigeno e una buona evaporazione.
La botte in legno di Gelso è parte della squadra di legni che compone una tradizionale batteria di Acetaia del Cristo, insieme a Ciliegio, Ginepro, Rovere e Castagno. Ogni batteria può differire nella composizione, che va da un minimo di 5 botti di legni differenti: forme, volumi e legni di cui sono composte le batterie sono il più prezioso segreto del conduttore di acetaia.
Se la tradizione vuole che ogni batteria sia formata da diverse botti, sia per dimensione scalare che per tipologia di legno, quello che da sempre caratterizza Acetaia del Cristo è l’utilizzo anche di batterie di monolegno, per creare aceti caratterizzati da inconfondibili sapori e profumi riconducibili all’essenza. Quindi alle tradizionali batterie composte da legni diversi, o alle sole batterie di ciliegio in Acetaia del Cristo risiedono batterie di solo legno di Gelso.
Il Gelso è stato il terzo monolegno sviluppato in Acetaia del Cristo, dopo il ciliegio e il ginepro, legato anche all’uso antichissimo di questo materiale per la produzione delle botti più vecchie come le lambruschine bolognesi: la pianta del gelso infatti veniva sempre sfrascata per alimentare i bachi da seta, ampliandosi in maniera repentina nel fusto, offrendo così tavole belle larghe per fare botti grandi.
I MONOESSENZA DI GELSO
In Acetaia del Cristo possiamo vantarci di essere tra i pochi, se non gli unici, ad avere Aceto Balsamico Tradizionale ed Extra Vecchio di Modena DOP affinato esclusivamente in botti di Gelso: questa unicità è merito della lunga storia della nostra Acetaia, che da quattro generazioni continua il suo operato.
L’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP affinato in botti di Gelso ricalca il gusto dei gelsi a bacca bianca, dolce e acidulo, conferendo estrema freschezza all’assaggio oltre a decise sensazioni fruttate.
L’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP invecchiato almeno 12 anni in barili di Gelso è un prelibato aceto frutto di oltre 12 anni di invecchiamento in questo legno che conferisce un bagaglio di rassicuranti certezze sulla scia delle note balsamiche.
Il modo migliore per accompagnare l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP Gelso è quello di abbinarlo a ingredienti naturali, creando una ricetta sfiziosa e veloce. Un esempio sono i Cubetti di frittata al forno con verdure grigliate e Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP invecchiato in botti di Gelso, preparati per noi dalla nostra amica Lorena Terenghi del blog Bricioledisapori.it. > clicca qui per la ricetta
Per chi invece desidera affinamenti più lunghi L’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP Extra Vecchio Gelso ha sviluppato i contrasti agrodolci della mora a bacca bianca unendoli alle caratteristiche tipiche e di consistenza di un Balsamico Extra Vecchio.
Esso è grandioso sui bolliti di carne e pesce, così come sui crostacei, ma per accompagnare questa calda estate consigliamo di provare una ricetta gustosa e ricercata, ma semplice e veloce, ideata per noi dallo Chef Bruno Barbieri: Involtini di ombrina con Aceto Balsamico Extra Vecchio Gelso > clicca qui per la ricetta.
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